Ecco come la pandemia ha cambiato il rapporto tra adolescenti e donazione
I risultati dell’indagine realizzata da Laboratorio Adolescenza e IARD a cui ha aderito anche AVIS Nazionale
10 novembre 2021
La pandemia ha cambiato il rapporto tra adolescenti e donazione? E se sì, in che modo? Sono alcune delle domande che si è posta AVIS Nazionale durante uno dei periodi più critici per la nostra società dal dopoguerra a oggi. L’esigenza di capire se e come il Covid avesse intaccato le nuove generazioni, i donatori e dirigenti di domani.
Per fornire risposte quanto più possibili esaustive, la nostra associazione ha deciso di aderire all’edizione 2021 dell’indagine nazionale sulle abitudini di vita degli adolescenti realizzata dall’Associazione Laboratorio Adolescenza e dall’Istituto di ricerca IARD. Quest’anno la rilevazione (ripresa anche da Corriere Salute) è stata condotta contestualmente sia su un campione di studenti delle scuole medie inferiori, sia su un campione nazionale di studenti delle scuole superiori.
Le informazioni che ci arrivano (il campione dei giovani coinvolti è stato di oltre 10.500) dicono che la pandemia ha contemporaneamente avvicinato e allontanato. Spieghiamo l’apparente paradosso.
Dal punto di vista “ideale” il senso di solidarietà collettiva che avvicina alla donazione di sangue (comunque già tradizionalmente alto tra gli adolescenti) è ulteriormente aumentato. Oltre il 93% degli intervistati ha affermato che «donare il sangue è un importante gesto di altruismo e solidarietà», percentuale che arriva a superare il 95% tra le ragazze. Nella precedente indagine (2019) il dato si fermava all’88%. Così come è aumentato in modo consistente il numero di adolescenti che è consapevole del fatto che «la donazione di sangue è un’azione che la maggior parte delle persone potrebbe fare» (69% nel 2017, 84,4% oggi). Ma quando si passa dalla teoria alla pratica i timori si fanno sentire.
Ad affermare «certamente da grande diventerò donatore di sangue», nel 2019,era il 22,6% dei 13-14enni, mentre oggi la percentuale è scesa a poco più del 13%. Conforta che tra gli studenti delle scuole superiori la percentuale di chi si vede già donatrice o donatore di sangue salga al 22,5% (25% tra le ragazze), anche se con i ragazzi di questa fascia d’età non abbiamo il confronto con anni precedenti.
«La consapevolezza dei giovani sul valore etico e sociale della donazione è il punto su cui basarci per costruire, insieme, una società del futuro sempre più solidale e attenta ai bisogni della collettività – ha detto il presidente di AVIS Nazionale, Gianpietro Briola, commentando i risultati dello studio – Tuttavia i dati ci dicono che dobbiamo fare ancora molto e lavorare con più impegno. La pandemia ci ha fatto capire che, di fronte alle emergenze, ognuno di noi, chi più avanti con l’età e chi meno, si è reso disponibile, con senso di responsabilità, per fornire il proprio contributo. La strada che dobbiamo oggi tracciare per migliorare il nostro Sistema Sanitario Nazionale e far sì che le nostre comunità siano sempre più solide e attente alle esigenze di tutti, è quella di abbandonare definitivamente il concetto di emergenzialità, per fare spazio alla programmazione dei servizi e non farci trovare impreparati. In primis la donazione di sangue e plasma. I giovani, prima ancora che il nostro futuro, sono il nostro presente: sta a noi aiutarli e formarli per far sì che la società di domani sia sempre più proattiva e solidale».
«Che sia un effetto-covid, ci auguriamo transitorio – afferma Maurizio Tucci, Presidente di Laboratorio Adolescenza – lo deriviamo dalla risposta ad una domanda “chiave” posta nell’indagine: se il 18,6% afferma che secondo lei/lui la donazione del sangue si effettua sempre in totale sicurezza indipendentemente dal Covid-19”, il 44,7% è convinto che bisogna fare molta più attenzione nelle strutture dove si dona il sangue. Il ritorno alla “normalità” certamente farà rientrare in modo “naturale” alcune apprensioni più o meno immaginarie, ma sarebbe rischioso fare affidamento esclusivamente su questo. Sarà importante da un lato prevenire i timori con una comunicazione chiara ed efficace e dall’altro continuare a monitorare il fenomeno».
Tornando ai risultati dell’indagine, le ragazze si dimostrano più consapevoli e informate dei maschi oltre che, lo abbiamo già detto, più orientate a immaginarsi future donatrici. Dal punto di vista territoriale gli adolescenti del sud e delle isole sono i più disponibili verso la donazione di sangue e anche quelli che in percentuale maggiore riconoscono il grande valore sociale della donazione, ma sono anche i più “spaventati” dal farlo in tempo di Covid-19.
Riguardo la fascia di età, con il crescere le consapevolezze aumentano e i falsi timori diminuiscono, ma le differenze tra studenti dei licei e quelli degli istituti tecnici e professionali sono (a vantaggio dei primi) molto sensibili. Anche questo è un indicatore importante su dove e come rivolgere la comunicazione.
Fonte Articolo: Avis Nazionale (www.avis.it)